– Sempre più lavoratori lamentano situazioni lavorative compromesse e deteriorate con gravi conseguenze sotto molteplici profili.
La tutela dei lavoratori vittime del mobbing: possibilità di utilizzo delle registrazioni audio
Tutela dei soggetti colpiti da mobbing
Sempre più lavoratori lamentano situazioni lavorative compromesse e deteriorate con gravi conseguenze sotto molteplici profili.
Capita frequentemente che, lavoratori in difficoltà, si rivolgono (correttamente) al legale per vedere tutelati i propri diritti in quanto vittime di comportamenti c.d. mobbizzanti.
Quando rivolgersi al legale?
Sul punto, si sottolinea come, l’azione del professionista ed il ventaglio di possibilità allo stesso concesso dalla legge a tutela del lavoratore, risulta estremamente limitato in ipotesi di assenza di prove che dimostrino l’esistenza dei comportamenti mobbizzanti.
Una definizione di mobbing
Come detto con il termine mobbing si ricomprendono tutte quante quelle condotte aventi natura vessatoria ai danni del lavoratore.
Ma la singola condotta illegittima non è di per se sufficiente a configurare il mobbing.
Nel corso del tempo la giurisprudenza ha fissato tutti quanti gli elementi tipici/caratteristici del fenomeno:
1) i comportamenti vessatori devono essere reiterati nel tempo attraverso una pluralità di atti di per sé non necessariamente illegittimi (sul punto cfr. ex multiis Cassazione sentenza n.87 del 10 gennaio 2012);
2) la volontà sottesa e diretta alla persecuzione o emarginazione o vessazione o mortificazione del dipendente;
3) la lesione subita dal dipendente conseguente ai comportamenti vessatori; lesione che può configurarsi sia dal punto di professionale, morale, sessuale, psicologico e/o fisico;
4) il nesso causale tra condotta posta in essere dal datore di lavoro o dal collega ed il pregiudizio di cui al punto precedente.
Sentenza 03/07/2015 della Cassazione
In tal senso va sottolineato come, la Cassazione, in una recente sentenza (sentenza del 3 Luglio 2015 n. 13693) abbia così statuito: “Incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di allegare e provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro e solo se il lavoratore abbia fornito la dimostrazione di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi”.
Come può tutelarsi il soggetto colpito da mobbing?
Pertanto, quali comportamenti può tenere il lavoratore per tutelare la propria persona ed, eventualmente, provare l’esistenza del mobbing?
Una valida (ma non l’unica) possibilità consiste nell’utilizzo delle registrazioni audio che il dipendente potrà eseguire anche all’insaputa del datore di lavoro, del superiore o del collega.
Sul punto è intervenuta più volte la Cassazione ammettendo le registrazioni1.
In tal senso si segnalano le seguenti pronunce: Cassazione n. 7239 del 08.06.1999 ; n. 36747 del 24.09.2003; da ultimo la recente sentenza n. 27424/14.
Tutte quante le pronunzie citate, ammettono l’uso della registrazione quando la conversazione con il proprio datore di lavoro e/o superiore e/o collega risulti necessaria per far valere un proprio diritto in tribunale.
In linea generale, comunque, la migliore arma per colui/colei che si sentono vittime del mobbing è quella di evitare l’isolamento.
L’invito è di condividere, nell’ambito familiare, in sede sindacale, le proprie preoccupazione elaborando, al contempo, una lucida e razionale strategia volta a contrastare questo fenomeno tanto odioso quanto subdolo nonché difficile da provare.
La tempestività anche nel rivolgersi al proprio legale di fiducia, è elemento essenziale al fine di porre in essere una buona strategia di contrasto e ristabilire un clima di serenità e fiducia in seno al soggetto vessato.
1Anche se va citata, per dovere di completezza, in senso non conforme Cassazione sentenza N. 26143 del 21.11.2013.
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