– Con la sentenza nr. 28398/2022 gli Ermellini hanno ammesso in via definitiva l’uso delle registrazioni a scopo probatorio nei processi civili per mobbing nei luoghi di lavoro.

Possibilità di utilizzo delle registrazioni audio in ambito processuale: importanti novità dalla Cassazione con la recente sentenza nr. 28398/2022

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Nel 2020, lo Studio Legale Polenzani Brizzi pubblicò un articolo di approfondimento che trattava l’importante tematica del mobbing e delle tutele a cui il lavoratore può ricorrere per fornire compiuta dimostrazione dei comportamenti vessatori che subisce in ambito lavorativo.

Per chi volesse riprendere l’articolo si fornisce il link: Tutela lavoratori vittime di mobbing 

Nell’articolo si parlava e si suggeriva l’utilizzo delle registrazioni audio per superare l’ostacolo dell’assenza di prove che dimostrino l’esistenza dei comportamenti mobbizzanti e degli indici che la giurisprudenza ha delineato nel corso del tempo per definire le condotte quali vessatorie.

Per sintesi si riepilogano tutti gli elementi tipici/caratteristici del fenomeno:
1) i comportamenti vessatori devono essere reiterati nel tempo attraverso una pluralità di atti di per sé non necessariamente illegittimi (sul punto cfr. ex multiis Cassazione sentenza n.87 del 10 gennaio 2012);
2) la volontà sottesa e diretta alla persecuzione o emarginazione o vessazione o mortificazione del dipendente;
3) la lesione subita dal dipendente conseguente ai comportamenti vessatori; lesione che può configurarsi quale professionale, morale, sessuale, psicologica e/o fisica;
4) il nesso causale tra condotta posta in essere dal datore di lavoro o dal collega ed il pregiudizio di cui al punto precedente.

Indicammo, quale valida possibilità volta alla dimostrazione di tali indici, l’utilizzo delle registrazioni audio che il dipendente potrà eseguire anche all’insaputa del datore di lavoro, del superiore o del collega.

Citammo altresì tutte quante le pronunzie che consentono ed ammettono l’uso della registrazione quando la conversazione con il proprio datore di lavoro e/o superiore e/o collega risulti necessaria per far valere un proprio diritto in tribunale.


Per dovere di completezza l’articolo dava altresì conto di un contrasto giurisprudenziale circa la liceità e l’ammissibilità delle registrazioni in ambito processuale.

Con la sentenza nr. 28398/2022 gli Ermellini sono nuovamente intervenuti sulla questione mettendo la parola fine alla vexata questio, ammettendo in via definitiva l’uso delle registrazioni a scopo probatorio, delineando con certezza i limiti di acquisizione e soprattutto dando chiarissime indicazioni sulla prevalenza del diritto di difesa in giudizio rispetto alla tutela della privacy.

I principi delineati dalla sentenza nr. 28398/2022 – Torna all’indice ^

Come testé accennato, in giudizio, la principale eccezione all’ammissibilità delle registrazioni tra un dipendente ed i suoi colleghi (all’insaputa dei conversanti) consisteva in un’asserita violazione del diritto alla riservatezza.

Con la sentenza in oggetto viene ribadito un concetto già più volte espresso dalla Cassazione ossia che l’art. 24 del d.lgs. 196 del 2003 e s.m.i. permette di prescindere dal consenso dell’interessato quando il trattamento dei dati, pur non riguardanti una parte del giudizio in cui la produzione venga eseguita, sia necessario per far valere o difendere un diritto, a condizione che essi siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.

Prosegue la Cassazione affermando come “l’utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente e i colleghi sul luogo di lavoro non necessita del consenso dei presenti, in ragione dell’imprescindibile necessità di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall’altra e pertanto di contemperare la norma sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti”.

Non solo ma, secondo le indicazioni della suprema Corte, “il diritto di difesa non è limitato alla pura e semplice sede processuale, estendendosi a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata mediante citazione o ricorso.”; “Da tali premesse si è tratta la conseguenza che la condotta di registrazione d’una conversazione tra presenti, ove rispondente alla necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa, e quindi essendo coperta dall’efficacia scriminante dell’art. 51 c.p. di portata generale nell’ordinamento e non già limitata al mero ambito penalistico non può di per sé integrare illecito disciplinare…”.

Pertanto, con la sentenza NR. 28398/2022 la Cassazione ribadisce un percorso interpretativo più volte ribadito circa la liceità delle registrazioni di conversazioni ove l’interlocutore controparte sia inconsapevole.

Occorre precisare come chi registra deve essere necessariamente parte della conversazione.

È assolutamente vietata la registrazione in assenza di chi registra ad esempio lasciando un registratore nella stanza per captare dialoghi di cui non si è parte.

Infine va sottolineato come una registrazione legittimamente acquisita può costituire fonte di prova ai sensi dell’articolo 2712 c.c.

Colui contro il quale è stata prodotta può contestare che la registrazione sia realmente avvenuta o che abbia tenore differente rispetto a ciò che è riportato su nastro ma tale disconoscimento deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta.

La generica e/o pretestuosa contestazione è priva di valore.

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mobbing prove

Ambiti applicativi della sentenza nr. 28398/2022 – Torna all’indice ^

I principi enucleati nella sentenza oggetto del presente articolo, a giudizio di chi scrive, potranno trovare applicazione generale nel processo civile non essendo limitati al processo del lavoro ed al particolare caso di mobbing.

In particolare, le registrazioni audio potranno essere utilizzate quale fonte di prova contro colui nei cui confronti sono prodotte, nei processi del lavoro ma anche in generale nei processi civili.

Nel processo del lavoro: per dare compiuta dimostrazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, della presenza del lavoratore nel luogo di lavoro, di ordini impartiti da un superiore etc…

Nel processo civile in generale: nei giudizi di separazione/divorzio od in ogni altro caso in cui la legge non imponga la dimostrazione dei fatti con atto scritto ad probationem.

Domande frequenti – Torna all’indice ^

Come capire se si è vittima di mobbing?
Il mobbing può essere difficile da riconoscere, ma ci sono alcune segnalazioni che possono aiutare a individuarlo. Se si verificano più di una delle situazioni sotto elencate, è possibile essere vittima di mobbing: i propri superiori o colleghi utilizzano toni ostili e aggressivi; si viene esclusi dalle riunioni o dalle discussioni; si ricevono regolarmente critiche e commenti maligni; la propria posizione lavorativa viene minata.
Come si può provare di essere vittime di mobbing?
La risposta a questa domanda non è semplice, ma ci sono alcune azioni che possono aiutare le persone a dimostrare di essere vittime di mobbing. Innanzitutto, è importante annotare tutti gli episodi di comportamento ostile e le interazioni negative con il responsabile del mobbing.

Queste informazioni possono essere raccolte mediante registrazioni audio o video, appunti presi durante incontri o conversazioni con testimoni oculari. Inoltre, è necessario conservare tutte le comunicazioni scritte tra te e il responsabile del mobbing, in modo da avere una prova documentaria della situazione.

Se si hanno prove sufficienti per sostenere la propria tesi, è possibile rivolgersi al proprio datore di lavoro o ad un avvocato specializzato per informarsi su come procedere legalmente.

Come raccogliere prove di mobbing?
Raccogliere prove di mobbing può essere un compito difficile, ma ci sono alcuni modi per farlo. Un primo passo è quello di prendere nota dei dettagli delle situazioni che si ritengono costituiscano un caso di mobbing. Registrare i dettagli come le persone coinvolte, i luoghi, le date e gli orari, nonché i fatti specifici che hanno portato alla situazione.

Un altro modo per raccogliere prove di mobbing è quello di documentare gli incidenti con messaggi di posta elettronica o registrazioni audio o video. Se possibile, chiedere a testimoni oculari se hanno assistito o menzionato l’incidente in questione.

Cosa si intende per mobbing strategico?
Una forma di abuso psicologico osservata in ambienti lavorativi che si basa sull’utilizzo di tattiche mirate per imporre la propria volontà, manipolare e controllare i comportamenti della vittima.

Il mobbing strategico può essere perpetrato da individui o gruppi che lavorano insieme all’interno di un’azienda o ente pubblico, come ad esempio i dirigenti, i colleghi o anche i subordinati.

Un esempio di mobbing strategico è l’utilizzo di tecniche persecutorie come la discriminazione, il ricatto emotivo, la costruzione di alleanze false con altri colleghi e la delegittimazione delle decisioni prese dalla vittima.

Qual è la durata minima della pratica persecutoria per poter parlare di mobbing?
Secondo la legge Italiana, un episodio di mobbing deve durare almeno sei mesi per essere considerato tale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stabilito che a partire da tre mesi di comportamenti persecutori, si può parlare di mobbing.

Inoltre, la Corte ha riconosciuto come valido anche un episodio isolato con conseguenze gravi sulla vittima. Pertanto, si può affermare che la durata minima della pratica persecutoria necessaria per poter parlare di mobbing è di 3 mesi.

Quanto dura una causa per mobbing?
Dipende dalla complessità del caso, ma in media può variare da 9 mesi a 3 anni. In particolare, la durata della causa può essere influenzata da vari fattori come la disponibilità degli avvocati coinvolti, le prove richieste e il grado di cooperazione dei testimoni.

Il procedimento giudiziario può anche essere più lungo se la parte offesa è un impiegato o un lavoratore dipendente, a causa della necessità di prendere in considerazione leggi e regolamenti specifici del luogo di lavoro. Inoltre, l’esito finale dipende dall’efficacia con cui le prove vengono presentate al tribunale.

Perugia il 07.10.2022

Avv. Antonio Polenzani

Assistenza legale alle Imprese

Informazioni sull'Autore

Avv. Antonio Polenzani

Avvocato giuslavorista, si occupa di diritto del lavoro e previdenziale in ambito pubblico e privato. Grazie ad una rigorosa analisi delle dinamiche che caratterizzano il mondo del lavoro riesce a garantire una consulenza altamente professionale, fornendo soluzioni pragmatiche e soddisfacenti.

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