Licenziamento per giusta causa
Cos’è la giusta causa di licenziamento – Torna all’indice ^
Il licenziamento per giusta causa è disciplinato dall’art. 2119 del codice civile che recita testualmente “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto..”
La valutazione che viene fatta nel determinare la giusta causa deve tener conto di alcuni aspetti tra i quali vengono annoverati:
> natura e qualità del rapporto di lavoro
> posizione professionale e responsabilità del lavoratore nel servizio svolto (una violazione al contratto posta in essere da un dirigente è più grave rispetto alla stessa posta in essere da un lavoratore di qualifica minore)
> importanza e delicatezza delle specifiche mansioni nell’organizzazione imprenditoriale (l’abbandono del posto di lavoro per una guardia giurata è molto più grave che non per un magazziniere)
> i motivi che hanno spinto il lavoratore al comportamento illecito
> intenzionalità o meno del comportamento
Quando è legittimo il licenziamento per giusta causa – Torna all’indice ^
Le situazioni indicate di seguito vengono ricondotte nell’ambito dei motivi che possono legittimamente dare luogo ad un licenziamento per giusta causa:
> assenze ingiustificate del lavoratore per diversi giorni se questo crea un grosso danno organizzativo per l’azienda
> presentazione di un falso certificato medico
> rifiuto a riprendere il lavoro dopo la malattia
> abbandono del posto di lavoro, tanto più grave in special modo se si tratta di un dipendente con mansioni di custodia o sorveglianza degli impianti o edifici
> dipendente che in regime di malattia presta lavoro presso un’altra azienda
> ripetuta assenza alla visita fiscale
> insubordinazione con minacce verbali o fisiche del lavoratore ai superiori
> diffamazione dell’azienda o dei suoi prodotti
Quando NON è legittimo il licenziamento per giusta causa – Torna all’indice ^
NON possono essere considerate motivo di licenziamento per giusta causa le situazioni indicate di seguito :
> quando la mancanza del dipendente è dipesa da una mancanza del datore di lavoro
> in caso di fallimento dell’imprenditore
> qualora vi sia la liquidazione coatta amministrativa dell’imprenditore
> in casi di cessione dell’azienda
> cause di imperizia tecnica
> qualora vi sia stata incapacità del lavoratore.
Come impugnare il licenziamento per giusta causa – Torna all’indice ^
Data la delicatezza della questione la formalizzazione del licenziamento per giusta causa richiede il rispetto inderogabile di una procedura stabilita, pena la nullità del provvedimento di licenziamento
> primo atto della procedura è l’invio, da parte del datore di lavoro, di una contestazione scritta al dipendente con cui gli indica il comportamento illecito da lui tenuto. La lettera va consegnata a mano o mediante raccomandata con ricevuta di ritorno
> da questo momento, il dipendente ha 5 giorni di tempo per difendersi. A tal fine può presentare scritti in propria difesa e/o chiedere di essere ascoltato personalmente, anche accompagnato da un sindacalista (non è invece ammesso un avvocato);
> all’esito di tale difesa il datore di lavoro deve comunicare, per iscritto, al dipendente la decisione finale e, quindi, l’eventuale licenziamento.
La mancata osservanza dell’iter appena indicato fa scattare la possibilità di impugnare il provvedimento di licenziamento; tuttavia anche il dipendente deve osservare un iter e una tempistica, nello specifico:
• entro 60 giorni dal ricevimento della lettera di licenziamento, deve inviare al datore di lavoro una generica lettera di contestazione in cui, senza necessariamente motivare le proprie ragioni, dichiara di opporsi al licenziamento e di contestarlo.
La lettera – che può essere inviata per raccomandata o Pec – può anche essere sottoscritta dal proprio avvocato o dal sindacalista. Tale fase viene definita «impugnazione stragiudiziale del licenziamento»;
• entro 180 giorni dall’invio della lettera di contestazione del licenziamento, il dipendente deve – a mezzo del proprio avvocato, depositare in tribunale l’atto di ricorso per chiedere al giudice l’annullamento del licenziamento.
Tale fase viene definita «impugnazione giudiziale del licenziamento».
Va comunque precisato che, durante tutto il tempo necessario per la procedura giudiziale, al lavoratore può essere applicata una sospensione cautelare dal lavoro ma non può essere bloccata l’erogazione dello stipendio in quanto non siamo ancora in presenza di un provvedimento definitivo.
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Avvocato giuslavorista, si occupa di diritto del lavoro e previdenziale in ambito pubblico e privato. Grazie ad una rigorosa analisi delle dinamiche che caratterizzano il mondo del lavoro riesce a garantire una consulenza altamente professionale, fornendo soluzioni pragmatiche e soddisfacenti.
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