Istituto della Messa alla Prova: panoramica
La Messa alla Prova: Strumento Alternativo per la Giustizia
La Messa alla Prova, introdotta dalla legge n. 67/2014 e ampliata dalla Riforma Cartabia, permette la sospensione del processo per determinati reati. L’imputato può ottenere l’estinzione del reato se rispetta le prescrizioni e svolge lavori di pubblica utilità.
La riforma ha esteso i reati ammessi, conferendo maggiori poteri al Pubblico Ministero e applicando il beneficio anche a processi pendenti.
Indice argomenti
Definizione e Requisiti – Torna all’indice ^
L’istituto della messa alla prova viene introdotta nel nostro ordinamento con la legge n. 67/2014.
Questa legge interviene modificando:
- il Codice penale, con la previsione del nuovo istituto della messa alla prova agli articoli 168-bis, 168-ter e 168-quater;
- il Codice di procedura penale, con l’introduzione degli art 464-bis e seguenti che regolano le attività di istruzione del procedimento e del processo, nonché l’ 657-bis che indica le modalità di valutazione del periodo di prova;
- le norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale;
- il Testo unico in materia delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale.
In che cosa consiste la messa alla prova? L’art. 168 bis e seguenti del codice penale prevedono che, in relazione alla commissione di determinati reati, l’imputato possa chiedere la sospensione del processo con messa alla prova, attivabile sin dalla fase delle indagini preliminari, con la quale è possibile ottenere una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato nei casi in cui il periodo di prova si concluda con esito positivo.
La sospensione del processo con messa alla prova rappresenta, quindi, una modalità alternativa di definizione del processo.
L’imputato verrà affidato all’ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE) affinché possa svolgere determinate attività che prevedano lo svolgimento di un lavoro di pubblica utilità a titolo gratuito, a favore della collettività, nella piena riparazione delle conseguenze dannose scaturite dal reato e, se possibile, al risarcimento del danno cagionato con la sua condotta.
Non tutti gli imputati posso richiedere la messa alla prova; esistono, infatti, presupposti e requisiti fondamentali:
- può essere chiesta solo per determinati reati, ovvero quelli che prevedono una pena pecuniaria e/o con pena detentiva non superiore a quattro anni (oltre ai reati di cui comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale inseriti in base alla “Riforma Cartabia”)
- la sospensione del processo con messa alla prova non può essere richiesta dai delinquenti abituali, professionali o per tendenza ai sensi degli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 c.p. e non può essere richiesta per più di una volta
La legge non definisce nello specifico la durata della messa alla prova ma la durata della sospensione del procedimento per consentire la messa alla prova del soggetto richiedente.
L’art. 464 c.p.p. al comma 5 prevede in particolare che:
- il periodo di sospensione abbia una durata superiore ai due anni se si procede per reati puniti con una pena detentiva, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria;
- il periodo di sospensione abbia invece una durata superiore a un anno se è stato commesso un reato punito solo con pena pecuniaria.
Riforma Cartabia la cosiddetta “messa alla prova allargata” – Torna all’indice ^
- Ampliamento dei reati per i quali è ammessa la messa alla prova
- Maggiori poteri al Pubblico Ministero
- Estensione della disciplina, entro limiti temporali stringenti, anche ai processi in corso
Ampliamento dei reati per i quali è ammessa la messa in prova
Il riformato art. 168-bis c.p. prevede che la messa alla prova possa essere richiesta non solo per i reati puniti entro il massimo edittale di quattro anni di pena detentiva ma anche “per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale”, rivisto ed ampliato.
Sono, quindi, reati estinguibili con la messa alla prova, ad esempio, i delitti di violenza o minaccia e resistenza a pubblico ufficiale (artt. 336-337 c.p.), l’istigazione a delinquere (art. 414 c.p.), alcune fattispecie di contraffazione e di false dichiarazioni (artt. 468, 495, 495-ter e 496 c.p.), le lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590bis c.p.), la truffa aggravata (art. 640 c.2. c.p.), il fraudolento danneggiamento dei beni assicurati (642 c.p.)
L’estensione delle tipologie di reato non comporta però l’automatica applicazione dell’istituto, ma sarà sempre necessaria la valutazione del giudice sull’idoneità del programma e la futura astensione dell’imputato dalla commissione di altri reati (art. 464-quater c.p.).
Maggiori poteri al Pubblico Ministero
L’art. 464-ter.1 dispone che “il pubblico ministero, con l’avviso previsto dall’articolo 415 bis, può proporre alla persona sottoposta ad indagini la sospensione del procedimento con messa alla prova, indicando la durata e i contenuti essenziali del programma trattamentale […] entro il termine di venti giorni, la persona sottoposta ad indagini può aderire alla proposta con dichiarazione resa personalmente o a mezzo di procuratore speciale, depositata presso la segreteria del pubblico ministero”.
Estensione della disciplina, entro limiti temporali stringenti, anche ai processi in corso
La riforma Cartabia estende i propri effetti anche ai procedimenti in corso, in deroga ai normali termini di legge. La messa alla prova, quindi, potrà essere richiesta nei procedimenti già pendenti, anche in appello, purché ne ricorrano le altre condizioni.
La richiesta deve essere presentata alla prima udienza utile dopo il 30 dicembre 2022 e, comunque, entro 45 giorni da tale data.
Infine ricordiamo che, dal 30 dicembre 2022, la messa alla prova può essere chiesta per più di 40 reati per i quali era prima preclusa ed arrivare, se va a buon fine, ad estinguerli: dalla truffa aggravata alla frode in assicurazione, dal contrabbando di tabacchi lavorati esteri ai reati tributari di omessa dichiarazione, dall’induzione di minorenni all’uso di stupefacenti all’indebito utilizzo, falsificazione, detenzione o cessione di carte credito e agli illeciti di falsità personale che non riguardino atti pubblici.
Aspetto | Prima della riforma Cartabia | Dopo la riforma Cartabia |
Reati Ammessi |
Messa alla prova solo per reati puniti con pena detentiva non superiore a 4 anni |
Ampliamento dei reati ammessi, incluso reati come violenza o minaccia a pubblico ufficiale, truffa aggravata e reati di contraffazione |
Poteri del Pubblico Ministero |
Limitati, il Pubblico Ministero non poteva proporre direttamente la messa alla prova |
Il Pubblico Ministero può proporre la messa alla prova direttamente all’imputato, con indicazione della durata e contenuti del programma trattamentale |
Estensione ai processi in corso |
Non prevista, la messa alla prova non poteva essere applicata ai processi in corso |
Estensione ai processi già pendenti, inclusi quelli in appello, entro limiti temporali definiti |
Quando non si può chiedere la messa alla prova – Torna all’indice ^
La sospensione del processo con messa alla prova non può essere richiesta dai delinquenti abituali, professionali o per tendenza ai sensi degli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 c.p. e non può essere richiesta per più di una volta.
Riportiamo, in questa sede, la sentenza n.74 del 2022 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 168-bis, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede che l’imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell’ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso.
La Corte ha ribadito che l’istituto della messa alla prova «ha anche una innegabile connotazione sanzionatoria rispetto al reato per il quale si procede (sentenze n. 146 del 2022, n. 139 e n. 75 del 2020, n. 68 del 2019)», cosicché «l’impossibilità di ammettere alla messa alla prova chi abbia già avuto accesso al beneficio in relazione ad altro reato commesso in esecuzione di un medesimo disegno criminoso si traduce nell’impossibilità di sanzionare in modo sostanzialmente unitario tutti i reati avvinti dalla continuazione, in contrasto con la logica del sistema del codice penale».
In tale valutazione non potrà non tenersi conto – per un verso – della natura e della gravità dei reati oggetto del nuovo procedimento, e – per altro verso – del percorso di riparazione e risocializzazione eventualmente già compiuto durante la prima messa alla prova.
Nel caso poi in cui ritenga di poter concedere nuovamente il beneficio, il giudice stabilirà la durata del periodo aggiuntivo di messa alla prova, comunque entro i limiti complessivi indicati dall’art. 464-quater, comma 5, cod. proc. pen., valorizzando opportunamente il percorso già compiuto, alla luce dell’esigenza – sottesa al sistema – di apprestare una risposta sanzionatoria sostanzialmente unitaria rispetto a tutti i reati in concorso formale o commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso».
Poteri del giudice e controlli nella messa alla prova – Torna all’indice ^
Nell’ambito della richiesta di messa alla prova per l’imputato, il Giudice acquisisce tutte le informazioni necessarie per autorizzarla dall’UEPE e degli organi di polizia, sentito il parere del Pubblico Ministero e in aula sentendo l’imputato e, ove possibile, la parte offesa.
Il Giudice commisura, nell’esercizio del suo potere discrezionale, la pena alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del colpevole (art. 133 c.p.), e valuta se ricorrono le condizioni per sospendere il processo e ammettere l’imputato o l’indagato (se richiesta nella fase delle indagini preliminari) alla prova.
Con ordinanza decide la durata della prova, le prescrizioni, il termine per l’adempimento delle attività di riparazione e le eventuali integrazioni o modifiche al programma di trattamento redatto dall’ufficio di esecuzione penale esterna.
Nella fase di esecuzione, il giudice riceve dall’UEPE le informazioni sull’andamento del programma, dispone le eventuali modifiche e, se necessario, i provvedimenti di revoca, in caso di grave inosservanza delle prescrizioni o di commissione di nuovi reati non colposi.
Al termine del periodo fissato, valuta in udienza l’esito della prova e, in caso positivo, dichiara l’estinzione del reato.
Il giudice può revocare anticipatamente la misura, con ripresa del processo, per grave e reiterata trasgressione del programma di trattamento o delle prescrizioni.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8388 del 12 febbraio 2024, ha chiarito quali sono i presupposti per la revoca dell’ordinanza della messa alla prova.
La pronuncia nasce dal ricorso presentato da un’imputata avverso l’ordinanza del Tribunale di Terni con la quale è stata revocata l’ordinanza di ammissione alla messa alla prova nell’ambito di un procedimento penale incardinato per il reato previsto dall’art. 186 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Il giudice monocratico, nella motivazione della predetta ordinanza, aveva evidenziato che l’imputata aveva già precedentemente beneficiato della messa alla prova per reato analogo e che la relativa fattispecie non poteva essere posta in rapporto di continuazione con quella per cui si procedeva o comunque in qualsiasi correlazione di collegamento e ha, quindi, rigettato l’istanza di messa alla prova.
La Corte di Cassazione, analizzando il ricorso, ha osservato che, sulla base degli atti esaminabili, il Tribunale procedente aveva effettivamente disposto l’ammissione alla messa alla prova con contestuale trasmissione degli atti al giudice onorario monocratico presso lo stesso Tribunale al fine di stabilire il periodo di messa alla prova e di pronunciare la relativa sentenza in caso di esito positivo della medesima.
La predetta ordinanza non risulta essere stata oggetto di ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 464-quater, comma 7, cod. proc. pen. La Corte, quindi, deduce che l’ordinanza impugnata sia stata emessa in relazione all’art. 464-octies cod. proc. pen., ai sensi del quale la sospensione del procedimento può essere revocata.
In riferimento a tale comma la Suprema Corte rileva che “il giudice può procedere alla revoca dell’ordinanza di sospensione e messa alla prova solo previa interlocuzione con le parti, vale a dire con udienza camerale partecipata, ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., previo avviso alle medesime parti, conseguendone che non è quindi possibile procedere alla revoca de plano, ovvero senza udienza, ma neppure è possibile disporla in una udienza fissata per una diversa finalità, senza che l‘’udienza sia stata preceduta da un avviso che consenta alle parti di partecipare al contraddittorio con cognizione di causa in merito alla specifica questione della ricorrenza dei presupposti per la revoca“.
Tabella ore della messa alla prova – Torna all’indice ^
L’art. 464-bis, comma 4, cod. proc. pen. prevede che, alla richiesta formulata dall’imputato per la richiesta della messa alla prova, vada allegato un programma di trattamento, elaborato con l’ufficio di esecuzione penale esterna, oppure, nel caso in cui non ne sia stata possibile la tempestiva redazione, vada allegata la richiesta di elaborazione del programma stesso, prevedendo:
– le modalità di coinvolgimento dell’imputato, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, se necessario e possibile
– le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume;
– le condotte volte a promuovere, dove possibile, la mediazione con la persona offesa, anche con lo svolgimento di programmi di giustizia riparativa (quest’ultima riferimento è stato introdotto all’art. 464-bis, comma 4, lett. c), introdotto dall’art. 29, comma 1, lett. a), n. 4), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150).
L’art. 168-bis, comma 3, cod. pen., prevede, inoltre, che la concessione della messa alla prova sia subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità.
Questo consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato, «di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.
La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore».
FASCIA A)
Per le contravvenzioni punite con la sola ammenda si prevede un periodo di messa alla prova da 15 giorni a 1 mese all’interno del quale sarà eseguito il lavoro di pubblica utilità per almeno gg 15, pari a n. 30 ore.
FASCIA B)
Per le contravvenzioni punite con pena alternativa o congiunta o delitti puniti con la sola multa si prevede un periodo di messa alla prova da 1 a 4 mesi all’interno del quale sarà eseguito il lavoro di pubblica utilità per almeno gg 30, pari a 60 ore.
FASCIA C)
Per i delitti puniti con la reclusione non superiore a 2 anni si prevede un periodo di messa alla prova da 4 a 6 mesi all’interno del quale sarà eseguito il lavoro di pubblica utilità per almeno gg 60, pari a n. 120 ore.
FASCIA D)
Per i delitti puniti con la reclusione da 2 a 3 anni si prevede un periodo di messa alla prova da 6 a 8 mesi all’interno del quale sarà eseguito il lavoro di pubblica utilità per almeno gg 90, pari a n. 180 ore.
FASCIA E)
Per i delitti puniti con la reclusione da 3 a 4 anni si prevede un periodo di messa alla prova da 8 a 12 mesi all’interno del quale sarà eseguito il lavoro di pubblica utilità per almeno gg 120, pari a n. 240 ore.
FASCIA F)
Per i delitti puniti con la reclusione superiore a 4 anni si prevede un periodo di messa alla prova da 12 a 18 mesi all’interno del quale sarà eseguito il lavoro di pubblica utilità per almeno gg 180, pari a n. 360 ore.
Esempio di programma di messa alla prova – Torna all’indice ^
La messa alla prova consiste in concreto nello svolgimento degli impegni indicati nel programma di prova predisposto dall’indagato/imputato con l’ufficio esecuzione penale esterna competente per territorio, ovvero, quello del luogo di residenza o domicilio dell’indagato imputato.
La messa alla prova comporta, quindi, l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare:
- attività di volontariato di rilievo sociale
- l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria
- il lavoro di pubblica utilità o una prestazione non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o presso enti od organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.
Ipotizzando che un imputato debba svolgere il periodo di messa alla prova presso un’associazione di volontariato, quest’ultima prenderà accordi con la persona interessata, redigendo uno specifico piano di attività che sia coerente con le indicazioni del giudice.
Vengono fissati i tempi di avvio e la durata dell’attività di volontariato da svolgere presso l’associazione. L’impegno minimo richiesto è spesso di 4 ore alla settimana e, nel caso il giudice non determini il monte ore, la persona svolgerà 4 ore settimanali per i mesi di durata della messa alla prova.
L’associazione predispone un modulo ore in cui vengono registrate presenze e assenza, oltre al numero di ore effettuate.
Al termine del periodo concordato, l’associazione deve consegnare il report delle ore svolte insieme ad una relazione sull’andamento dell’attività.
La sospensione del processo e la messa alla prova nel caso di minorenni – Torna all’indice ^
La legge prevede che anche per i minori di età, in sede di procedimento davanti al Tribunale per i minorenni, sia possibile richiedere la messa alla prova.
Quando può essere chiesta? Sia in udienza preliminare che in dibattimento, e a prescindere dalla tipologia di reato e da eventuali precedenti del minore.
Se la richiesta viene accolta, il processo verrà sospeso per un massimo di:
- tre anni per i reati più gravi, quelli per cui è prevista la reclusione massima non inferiore a 12 anni
- un anno negli altri casi.
Ricordiamo che se il minore, durante la messa alla prova, compisse gravi e ripetute trasgressioni alle prescrizioni date dal giudice, la sospensione del processo potrà essere revocata; nel caso in cui, invece, la messa alla prova si concluda con esito positivo, il giudice emetterà sentenza di estinzione del reato.
Infine, se la messa alla prova dovesse avere esito negativo, il processo proseguirà regolarmente.
Domande frequenti – Torna all’indice ^
Chi decide sulla messa alla prova?
In Italia, la decisione sulla messa alla prova è principalmente nelle mani del giudice. Quando una persona è accusata di un reato, il suo avvocato può richiedere la messa alla prova come alternativa al processo tradizionale.
Questa richiesta viene valutata dal giudice competente per il caso specifico. Il giudice esaminerà diversi aspetti prima di prendere una decisione. Innanzitutto, valuterà la gravità del reato e se l’imputato ha precedenti penali. Inoltre, prenderà in considerazione il comportamento dell’imputato e la sua disponibilità a partecipare a programmi di riabilitazione.
Non dimentichiamo che anche l’ufficio di sorveglianza ha un ruolo cruciale in questo processo. Gli assistenti sociali e gli psicologi prepareranno relazioni dettagliate sul contesto personale dell’imputato e sulle sue possibilità di reinserimento sociale.
Infine, il giudice deciderà se concedere o meno la messa alla prova basandosi su tutte queste informazioni. Se concessa, l’imputato dovrà seguire un programma specifico che può includere lavoro di pubblica utilità, terapia o altre attività riabilitative.
Chi controlla la messa alla prova?
Gli assistenti sociali dell’UEPE lavorano in stretta collaborazione con il giudice e il pubblico ministero, verificando che l’imputato rispetti le prescrizioni stabilite. Inoltre, il giudice ha un ruolo fondamentale nel controllo.
Prima di concedere la messa alla prova, il giudice deve valutare attentamente se l’imputato possiede i requisiti necessari e se il programma proposto è adeguato. Durante il periodo di messa alla prova, il giudice può richiedere relazioni periodiche all’UEPE per assicurarsi che tutto proceda come previsto.
Infine, anche altri enti e organizzazioni possono essere coinvolti nel processo. Ad esempio, le associazioni o cooperative che offrono programmi di lavoro o volontariato collaborano spesso con l’UEPE per garantire che l’imputato possa seguire un percorso utile e formativo.
Come evitare la messa alla prova?
Questa misura alternativa alla detenzione, pensata per rieducare l’imputato, può essere evitata seguendo alcuni suggerimenti pratici. Prima di tutto, è fondamentale mantenere una buona condotta.
Evitare comportamenti che possano attirare l’attenzione delle forze dell’ordine è il primo passo per non finire nel mirino della giustizia. Essere rispettosi delle leggi e delle norme sociali riduce significativamente il rischio di coinvolgimento in procedimenti penali.
In secondo luogo, se ti trovi coinvolto in una disputa o situazione potenzialmente problematica, cerca di risolverla in modo pacifico e civile. La mediazione e la comunicazione efficace possono prevenire l’escalation dei conflitti e le conseguenti implicazioni legali. Un altro aspetto cruciale è l’informazione e la consulenza legale.
Rivolgersi tempestivamente a un avvocato esperto può fare la differenza nell’orientarsi nel sistema giudiziario e adottare le strategie migliori per evitare la messa alla prova.
Partecipare a programmi di prevenzione e sensibilizzazione sulla legalità può aiutarti a comprendere meglio i tuoi diritti e doveri, riducendo il rischio di incappare in situazioni spiacevoli.
Ulteriori approfondimenti
Informazioni sull'Autore
Legale esperto in diritto penale, conoscitore profondo della difesa processuale, reati contro la persona e il patrimonio, con esperienza pluriennale nella conoscenza delle indagini preliminari e strategie per la tutela dei diritti.