Reati contro la Pubblica Amministrazione
– Reati contro la pubblica amministrazione includono corruzione, abuso d’ufficio, frode pubblica e peculato.
Questi crimini danneggiano il buon funzionamento dello Stato, compromettono la fiducia dei cittadini e possono portare a gravi sanzioni legali.
Cosa si intende per reati contro la pubblica amministrazione – Torna all’indice ^
I reati contro la Pubblica Amministrazione, disciplinati dagli articoli 314 – 360 del codice penale, si suddividono in due principali categorie. La prima riguarda reati commessi dai pubblici ufficiali o addetti a pubblici servizi nei confronti della Pubblica Amministrazione, quali peculato, concussione e corruzione.
La seconda, invece, comprende reati commessi dai privati contro la Pubblica Amministrazione, come la violenza o la minaccia a un pubblico ufficiale, la resistenza a un pubblico ufficiale e l’interruzione di pubblico servizio.
Per quanto riguarda il concetto di pubblico ufficiale, si intende colui che esercita una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. In particolare, il pubblico ufficiale si caratterizza per la manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione, esercitando poteri deliberativi, autoritativi o certificativi, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico.
Esempi di pubblici ufficiali possono essere individuati in figure quali gli Ufficiali Giudiziari, i Carabinieri e gli agenti della Pubblica Sicurezza, i consulenti tecnici, i portalettere, i notai, i magistrati e i messi notificatori operanti per conto di Equitalia.
In sintesi, i reati contro la Pubblica Amministrazione costituiscono una materia di estrema importanza nell’ambito del diritto penale, poiché comportano violazioni delle norme che regolano l’esercizio delle funzioni pubbliche.
Una corretta comprensione delle figure di pubblico ufficiale e di privato, nonché delle tipologie di reato previste dal codice penale, rappresenta un elemento essenziale per la corretta applicazione della legge e per la tutela della legalità nell’ambito della Pubblica Amministrazione.
Coloro che si dedicano ad un pubblico servizio sono quelli che, in ogni circostanza, svolgono attività disciplinata dalle stesse norme che regolano l’esercizio della pubblica funzione, ma si distingue da quest’ultima per la mancanza di poteri deliberativi, autorizzativi e certificativi.
Alcuni esempi di addetti di un pubblico servizio includono i dipendenti di enti pubblici, gli esattori delle società concessionarie per l’erogazione del gas, i custodi dei cimiteri e le guardie particolari giurate.
Occorre sottolineare che le attività che si limitano alla mera esecuzione di ordini o istruzioni altrui non possono essere equiparate alle mansioni svolte dagli addetti di un pubblico servizio.
Questo perché per poter essere considerati incaricati di un pubblico servizio è necessario possedere un minimo di potere discrezionale che implichi lo svolgimento di mansioni intellettuali in senso lato.
E’ importante comprendere la natura e le implicazioni di un addetto di un pubblico servizio, in quanto ciò implica il rispetto di alcune norme e procedure specifiche.
L’assunzione di responsabilità verso la collettività richiede una forte etica professionale e un comportamento esemplare nell’adempimento delle mansioni assegnate.
Reati commessi dal pubblico ufficiale – Torna all’indice ^
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- Peculato: Il peculato è un reato commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un servizio pubblico che si appropria indebitamente di denaro o di beni che gli sono stati affidati per motivi di lavoro. Ad esempio, se un cassiere di una banca ruba soldi che gli clienti hanno depositato, commette peculato.
Riferimento normativo: Articolo 314 del Codice Penale italiano. - Concussione: La concussione è un reato in cui un pubblico ufficiale, attraverso minacce o violenza, costringe qualcuno a dare o promettere denaro o altri vantaggi illeciti. Un esempio potrebbe essere un poliziotto che, minacciando di arrestare una persona senza motivo valido, chiede denaro per “chiudere un occhio” e non procedere con l’arresto.
Riferimento normativo: Articolo 317 del Codice Penale italiano. - Corruzione per l’esercizio della funzione: Questo reato si verifica quando un pubblico ufficiale accetta o chiede denaro o altri favori in cambio di compiere o omettere un atto relativo al suo incarico. Ad esempio, se un politico chiede una tangente a un imprenditore per favorire la sua azienda nell’ottenimento di un contratto pubblico, si configura il reato di corruzione per l’esercizio della funzione.
Riferimento normativo: Articolo 318 del Codice Penale italiano. - Malversazione di erogazioni pubbliche: Questo reato si verifica quando un pubblico ufficiale utilizza indebitamente fondi pubblici o altre risorse che gli sono state affidate per scopi personali o diversi da quelli previsti. Un esempio potrebbe essere un funzionario che utilizza i soldi destinati a un progetto di sviluppo per finanziare una vacanza di lusso personale.
Riferimento normativo: Articolo 314-bis del Codice Penale italiano. - Abuso d’ufficio: L’abuso d’ufficio si verifica quando un pubblico ufficiale, abusando della sua posizione o dei suoi poteri, compie un atto illegittimo o dannoso che viola i doveri del suo incarico. Ad esempio, se un giudice prende una decisione palesemente ingiusta in cambio di una tangente, commette abuso d’ufficio.
Riferimento normativo: Articolo 323 del Codice Penale italiano. - Rifiuto di atti d’ufficio – omissione: Questo reato si verifica quando un pubblico ufficiale, senza una giustificazione valida, rifiuta di eseguire o compiere un atto che è richiesto dalle sue funzioni ufficiali. Ad esempio, se un poliziotto rifiuta di registrare una denuncia di furto presentata da una vittima, senza una ragione legittima, commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio per omissione.
Riferimento normativo: Articolo 328 del Codice Penale italiano.
- Peculato: Il peculato è un reato commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un servizio pubblico che si appropria indebitamente di denaro o di beni che gli sono stati affidati per motivi di lavoro. Ad esempio, se un cassiere di una banca ruba soldi che gli clienti hanno depositato, commette peculato.
Reati commessi dal privato – Torna all’indice ^
- Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale: Questo reato si verifica quando una persona commette atti violenti o minacciosi nei confronti di un pubblico ufficiale durante l’esercizio delle sue funzioni.
Un pubblico ufficiale può essere ad esempio un poliziotto, un giudice, un carabiniere o un funzionario pubblico. L’obiettivo di questa legge è proteggere i pubblici ufficiali dal rischio di aggressioni o intimidazioni durante l’adempimento dei loro compiti.Ad esempio, supponiamo che un poliziotto stia cercando di arrestare una persona sospettata di aver commesso un reato. Se la persona in questione inizia a colpire o minacciare il poliziotto nel tentativo di evitare l’arresto, potrebbe essere incriminata per violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.
Riferimento normativo: Articolo 336 del Codice Penale italiano. - Resistenza a un pubblico ufficiale: La resistenza a un pubblico ufficiale si verifica quando una persona si oppone attivamente o rifiuta di obbedire a un pubblico ufficiale che sta legittimamente eseguendo i suoi compiti. Questo reato può includere azioni come opporsi fisicamente, sfuggire all’arresto o rifiutarsi di fornire le informazioni richieste dal pubblico ufficiale.Ad esempio, immagina una situazione in cui un carabiniere fermi un conducente per un controllo del veicolo. Se il conducente rifiuta di fermarsi o tenta di fuggire dalla scena per evitare il controllo, potrebbe essere accusato di resistenza a un pubblico ufficiale.
Riferimento normativo: Articolo 337 del Codice Penale italiano. - Oltraggio a un pubblico ufficiale: L’oltraggio a un pubblico ufficiale si verifica quando una persona insulta, offende o denigra pubblicamente un pubblico ufficiale nello svolgimento delle sue funzioni. L’obiettivo di questa legge è proteggere la dignità e l’autorità dei pubblici ufficiali nel corso del loro lavoro.Per esempio, se qualcuno pubblica sui social media commenti diffamatori o denigratori verso un giudice, mettendo in discussione la sua professionalità o integrità, potrebbe essere accusato di oltraggio a un pubblico ufficiale.
Riferimento normativo: Articolo 341 del Codice Penale italiano.

Attenuante della collaborazione, una recente pronuncia della Corte di Cassazione – Torna all’indice ^
La Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione ha emesso una sentenza , la n. 36769/2022 , in cui ha stabilito che la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323 bis comma II del codice penale non può essere applicata nel caso in cui, al momento dell’arresto e delle dichiarazioni spontanee, siano già stati raccolti elementi gravemente indizianti che escludono il contributo determinante dell’imputato.
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno ritenuto integrato il reato di induzione indebita in relazione alle plurime richieste di modeste somme di denaro avanzate da un pubblico ufficiale ai danni di ambulanti che operavano senza la necessaria autorizzazione per l’occupazione di suolo pubblico nelle aree di svolgimento dei mercati comunali.
La decisione della Corte di Cassazione è stata emessa con la consapevolezza dell’importanza e della gravità delle questioni affrontate. La sentenza dimostra l’attenzione dei giudici alla necessità di applicare con rigore la legge in materia penale e di valutare attentamente le circostanze di ogni singolo caso, al fine di garantire una giustizia equa e imparziale.
Condanna penale e inconferibilità incarico: chiarimenti da ANAC – Torna all’indice ^
La legge (articolo 35 bis del decreto legislativo n. 165/2001) vieta ai dipendenti pubblici che sono stati condannati per determinati reati, anche se la pena è stata sospesa, di svolgere compiti o funzioni specifiche.
Sebbene la condanna non impedisca l’assunzione presso un’organizzazione pubblica, l’amministrazione deve valutare se il dipendente può svolgere incarichi compatibili con la sua situazione giuridica.
Questo è quanto ha stabilito l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) in una risposta a una richiesta di parere da parte di un comune in merito all’assegnazione di una specifica funzione ad un dipendente che era stato condannato in primo grado ma con pena sospesa.
In sostanza, l’ANAC ha sottolineato che la legge deve essere rispettata e l’amministrazione deve fare una valutazione caso per caso.
L’ANAC inoltre ha affermato più volte che l’inconferibilità non è una sanzione penale o amministrativa, ma è piuttosto uno status soggettivo che riguarda chi è stato condannato, anche senza sentenza definitiva, per uno dei reati contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale.
Questo status ha lo scopo di prevenire la corruzione e di garantire l’imparzialità dell’amministrazione, e quindi non è influenzato dagli effetti indicati dall’articolo 166 del codice penale
Inoltre, la giurisprudenza amministrativa ha stabilito di recente che la condanna non impedisce l’assunzione presso una pubblica amministrazione, ma solo l’assegnazione di specifiche funzioni incompatibili con la condanna penale.
L’amministrazione è tenuta a valutare i presupposti per l’assunzione e l’eventuale assegnazione di mansioni non incompatibili, in linea con le norme vigenti e il proprio ordinamento.
Cosa misura l’indice di percezione della corruzione – Torna all’indice ^
Questo indice, che valuta i paesi su una scala da zero (indicativo di una situazione altamente corrotta) a 100 (rappresentante un contesto di assoluta trasparenza), ha rivelato un punteggio medio preoccupante di 43 su 100. Inoltre, più di due terzi dei paesi analizzati hanno ottenuto un punteggio inferiore a 50, denotando una diffusa corruzione.
Nell’ultimo report, è stato evidenziato come gli sforzi internazionali per contrastare la corruzione si siano recentemente arenati, poiché diversi paesi hanno sfruttato la pandemia di Covid-19 come pretesto per limitare le libertà fondamentali e aggirare meccanismi di controllo ed equilibrio.
Focalizzandoci sull’Italia, possiamo constatare un leggero progresso poiché il paese ha guadagnato una posizione rispetto alla precedente edizione dell’indice, collocandosi al 41° posto su 180 paesi presi in considerazione.
Nonostante tale miglioramento, tuttavia, l’Italia rimane ancora al di sotto della media dell’Unione Europea in termini di lotta alla corruzione.
Esaminando gli altri paesi, è interessante notare come nel 2022 i tre paesi con il livello di corruzione percepito più basso nel settore pubblico siano stati la Danimarca, la Finlandia e la Nuova Zelanda, seguiti a breve distanza dalla Norvegia, Singapore e la Svezia.
Dall’altro lato della scala, invece, la Somalia ha registrato un misero punteggio di soli 12 punti, confermandosi come il paese più colpito dalla corruzione a livello globale.
A seguire, con un punteggio di 13, si sono posizionate la Siria e il Sud, seguite dal Venezuela e lo Yemen.
Reati contro la pubblica amministrazione: attenuante della collaborazione – Torna all’indice ^
Negli ultimi anni, il tema dei reati contro la pubblica amministrazione ha assunto un’importanza crescente nel dibattito giuridico e sociale in Italia. Un esempio emblematico è quello di Maria, un’insegnante che ha visto i fondi destinati alla sua scuola svanire a causa di una frode. La sua storia mette in luce come la corruzione non colpisca solo le istituzioni, ma anche le vite quotidiane delle persone.
Questo fenomeno, che include la corruzione, l’indebita induzione e altre forme di illecito, influisce profondamente sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni, come evidenziato nel rapporto annuale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) del 2022.
Un aspetto cruciale di questa questione è l’analisi delle attenuanti, in particolare quelle relative alla collaborazione degli imputati con le autorità investigative.
La pronuncia della Corte di Cassazione, n. 36769/2022, offre spunti significativi di riflessione, confermando l’importanza della collaborazione attiva degli imputati nel contesto dei reati contro la pubblica amministrazione.
La Corte ha chiarito che l’attenuante della collaborazione, prevista dall’articolo 323 bis, comma II, del codice penale, non può essere applicata in ogni situazione. In particolare, se al momento dell’arresto e delle dichiarazioni spontanee sono già stati acquisiti elementi indizianti gravi, il contributo dell’imputato non può essere ritenuto determinante.

Questa posizione si basa sull’importanza della prova raccolta durante le indagini, che deve essere sufficientemente solida da escludere il riconoscimento di un’attenuante.
Il reato di induzione indebita
Nel caso in esame, il reato di induzione indebita si è verificato in un contesto in cui un pubblico ufficiale ha richiesto somme di denaro a diversi ambulanti privi di autorizzazione per l’occupazione di suolo pubblico.
È fondamentale precisare che l’induzione indebita, disciplinata dall’articolo 319-quater del codice penale, è un reato autonomo rispetto alla concussione, recentemente chiarito dalla riforma introdotta dalla legge 6 novembre 2012, n. 190.
Questa riforma ha come obiettivo primario garantire una maggiore tutela dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione.
La differenza principale tra questi due reati è che la concussione avviene quando un pubblico ufficiale costringe qualcuno a pagare, mentre nell’induzione indebita, la persona paga per ottenere un vantaggio senza essere minacciata.
La giurisprudenza ha chiarito che il vantaggio indebito acquisito rappresenta il criterio fondamentale del reato di induzione indebita, differenziando ulteriormente le due fattispecie illecite e rafforzando, così, la responsabilità di tutti i soggetti coinvolti.
La sentenza della Corte di appello: implicazioni sulla collaborazione dell’imputato
Nel caso in esame, la Corte di appello ha confermato la condanna del soggetto coinvolto, negando l’applicazione della circostanza attenuante della collaborazione. Le decisioni si sono basate sul fatto che l’operato degli inquirenti, che avevano assistito visivamente alla consegna del denaro, rendeva superfluo e non decisivo il contributo dell’imputato.
Questo aspetto è cruciale, poiché evidenzia come la collaborazione possa essere rilevante, ma non sufficiente a determinare una riduzione della pena quando esistono già prove schiaccianti. Ad esempio, in un caso recente, un pubblico ufficiale è stato condannato nonostante avesse fornito informazioni utili, poiché le prove raccolte durante le indagini erano già così solide da non giustificare l’attenuante.
La Corte ha sottolineato che le dichiarazioni successive alla perquisizione hanno rappresentato un’ammissione sostanziale di fatti già accertati, sottolineando che, in casi di tale gravità, l’attenuante può essere esclusa anche in presenza di elementi di collaborazione.
È interessante notare che il comportamento dell’imputato è stato classificato come meramente collaborativo, senza incidere significativamente sulla costruzione del caso da parte delle autorità.
Tuttavia, è fondamentale considerare che ogni reato contro la pubblica amministrazione ha ripercussioni dirette sulla vita delle persone, minando la fiducia nella giustizia e nel sistema pubblico, e causando danni economici e sociali che si riflettono su tutta la comunità.
Considerazioni sull’attenuante di collaborazione
L’introduzione della circostanza attenuante di cui all’articolo 323 bis garantisce che chi offre un contributo efficace per favorire la giustizia possa beneficiare di una riduzione della pena. Tuttavia, l’efficacia di tale collaborazione deve essere dimostrata concretamente, puntando ad evitare gravi conseguenze illecite, garantire la raccolta delle prove e individuare i responsabili.
L’attenuante, quindi, non può essere considerata un automatismo, ma piuttosto una condizione subordinata alla dimostrazione di un reale e sostanziale contributo. Ma ci si deve chiedere: quali sono i criteri che definiscono un contributo ‘reale’ in un contesto così complesso?
In questo contesto, è interessante interrogarsi sull’estendibilità di tali attenuanti ai concorrenti, poiché ciò potrebbe avere importanti ripercussioni nell’approccio penale adottato nei confronti di tutti i soggetti coinvolti in un reato contro la pubblica amministrazione.
In conclusione, la recente sentenza della Corte di Cassazione non solo ha dato origine a un importante dibattito sulle attenuanti associate ai reati contro la pubblica amministrazione, ma ci invita anche a riflettere su come ciascuno di noi possa contribuire a un cambiamento positivo nella nostra società.
Sebbene la legge preveda modalità di mitigazione della pena, la loro applicazione è fortemente condizionata dalla gravità e dall’affidabilità delle prove disponibili.
È essenziale che amministratori e giuristi prestino attenzione a questi aspetti per garantire una lotta efficace contro la corruzione e per ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

La Cassazione rinvia alla Consulta l’abrogazione del reato di abuso di ufficio – Torna all’indice ^
La Corte di Cassazione ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, prevista dall’articolo 1 della Legge 112/2024 (nota come “Riforma Nordio“).
Con l’ordinanza n. 9442/2025, la Suprema Corte ha rinviato la questione alla Corte Costituzionale, evidenziando il rischio che la cancellazione del reato lasci un vuoto normativo nella lotta alla corruzione, in contrasto con gli obblighi internazionali assunti dall’Italia.
Nello specifico, la Cassazione ha ravvisato un potenziale conflitto tra l’abrogazione del reato e la Convenzione ONU contro la corruzione (adottata a Merida nel 2003 e ratificata in Italia con la Legge 116/2003).
La Convenzione stabilisce standard minimi di tutela contro la corruzione, tra cui la criminalizzazione di condotte che rientravano nella fattispecie del previgente articolo 323 del Codice penale italiano.
Sebbene la Cassazione riconosca la volontà del Legislatore di snellire l’azione amministrativa ed evitare il rischio di ingiuste incriminazioni, sottolinea che la riforma non ha introdotto strumenti alternativi sufficienti a garantire la repressione delle condotte illecite dei pubblici ufficiali.
La questione è ora rimessa alla Consulta, che dovrà valutare se l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio sia compatibile con la Costituzione e con gli obblighi internazionali dell’Italia.

Domande frequenti – Torna all’indice ^
Quali sono i reati contro la pubblica amministrazione?
La corruzione è uno dei reati più gravi e consiste in un accordo fraudolento tra un pubblico ufficiale e un privato finalizzato a ottenere illeciti vantaggi. L’abuso d’ufficio, invece, consiste nell’utilizzo improprio delle proprie funzioni pubbliche per fini privati o di interesse personale.
La concussione è un altro reato che riguarda le attività svolte dagli ufficiali pubblici. Si tratta di una forma di estorsione in cui un funzionario pubblico costringe un privato a compiere un atto contrario alla legge o ad eseguire un suo ordine illegittimo.
Il peculato si verifica quando un pubblico ufficiale utilizza indebitamente denaro o beni a lui affidati per fini personali. Il falso in bilancio, invece, riguarda l’inserimento di dati falsi nei documenti contabili della Pubblica Amministrazione al fine di alterare i bilanci.
Infine, la frode in pubbliche forniture si verifica quando i soggetti appaltatori forniscono beni o servizi alla Pubblica Amministrazione con prezzi superiori a quelli del mercato o con qualità inferiori a quelle promesse.
Quali reati penali impediscono l'impiego nella Pubblica Amministrazione?
Tra questi reati vi sono la corruzione, l’abuso di potere, la frode, il peculato, il favoreggiamento, la concussione e la truffa ai danni dello Stato.
Inoltre, coloro che sono stati condannati per questi reati non possono neanche partecipare a gare d’appalto o appalti pubblici per un certo periodo di tempo.
Questa restrizione si applica anche alle aziende che hanno avuto rapporti con persone condannate per questi reati.
È importante notare che l’impossibilità di accedere alla pubblica amministrazione non è definitiva, ma dipende dalla gravità del reato commesso e dalla durata della condanna; in alcuni casi è possibile ottenere la riabilitazione o la cancellazione del precedente penale.
Qual è il reato più grave contro la pubblica amministrazione?
Le conseguenze della corruzione sulla società sono gravissime: oltre a compromettere l’integrità dell’amministrazione pubblica e dei suoi rappresentanti, essa favorisce la diffusione di una mentalità distorta e danneggia la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.
Per questi motivi, il legislatore ha previsto sanzioni particolarmente severe per chi commette reati di corruzione contro la pubblica amministrazione.
Le pene previste includono anche l’inabilitazione all’esercizio di una professione o all’accesso a cariche pubbliche.
Qual è la sostanziale differenza tra i reati di corruzione e concussione?
Pilastro del funzionamento dello Stato, la pubblica amministrazione richiede che la sua integrità sia preservata. Corruzione e concussione sono due reati che minano seriamente questa integrità. Spesso confusi, questi reati hanno caratteristiche distintive.
La corruzione si manifesta quando un pubblico ufficiale accetta denaro o altri benefici in cambio di favori o azioni illecite, con un accordo tra due parti consenzienti che traggono vantaggio dalla situazione.
Può essere attiva, quando chi offre il beneficio è il corruttore, o passiva, quando il pubblico ufficiale accetta l’offerta. La concussione, invece, implica coercizione da parte del pubblico ufficiale.
Qui, l’ufficiale abusa della sua posizione di potere per costringere qualcuno a offrirgli denaro o altri vantaggi.
In questo scenario non vi è consenso: la vittima agisce sotto pressione o minaccia. Comprendere questa distinzione è cruciale per identificare correttamente i reati e applicare le giuste sanzioni.
La lotta contro la corruzione e la concussione è essenziale per una pubblica amministrazione trasparente ed efficiente, elemento chiave per una società equa e giusta.
Chi ha ricevuto una condanna in via definitiva per reati contro la pubblica amministrazione ha il divieto di?
In primo luogo, chi ha ricevuto una condanna definitiva per reati contro la pubblica amministrazione ha il divieto di ricoprire cariche pubbliche e di lavorare presso enti o istituzioni che abbiano rapporti con la pubblica amministrazione.
Inoltre, questi soggetti non possono partecipare a gare d’appalto o a bandi per l’affidamento di servizi o forniture alla pubblica amministrazione.
Ma non solo: i condannati per reati contro la pubblica amministrazione sono anche tenuti al rispetto di un dovere di collaborazione con le autorità giudiziarie, nel caso in cui vengano richieste informazioni sulle attività illecite commesse.
Devono inoltre osservare un comportamento irreprensibile e rispettoso delle norme in ogni ambito della loro vita, al fine di dimostrare il loro impegno nella lotta alla corruzione e all’illegalità nella pubblica amministrazione.
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