– Approfondimento sul reato di maltrattamenti in famiglia: cosa comprende, caratteristiche, pene previste e alcune sentenze.

Risvolti giuridici dei maltrattamenti in famiglia: normative e giurisprudenza

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Introduzione – Torna all’indice ^

Uno dei reati più complessi affrontati nel nostro codice penale è il reato di maltrattamenti in famiglia, disciplinato dall’art 572 del codice penale.

Un reato che merita un’analisi accurata e precisa nella sua totalità per comprendere a fondo la portata, le caratteristiche e la sua disciplina. Il reato di maltrattamenti in famiglia coinvolge comportamenti lesivi all’interno del nucleo familiare e ha rilevanza sociale ed etica.

In questo articolo, esploreremo nel dettaglio cosa comprende il reato di maltrattamenti in famiglia, le sue caratteristiche, le pene previste e forniremo esempi di rilevanti casi giurisprudenziali.

reato di maltrattamenti in famiglia

Cosa Comprende il Reato di Maltrattamenti in Famiglia – Torna all’indice ^

Il reato di maltrattamenti in famiglia fa parte dei reati contro la famiglia ed è disciplinato dall’articolo 572 del codice penale.

Si tratti di un reato che va a ledere l’integrità psico-fisica di persone che fanno parte di un contesto familiare o che hanno un particolare vincolo tra loro assimilabile ad un contesto di famiglia.

Quali sono le condotte che qualificano un certo comportamento come maltrattamento in famiglia? Diverse sono le condotte che rientrano in tale reato tra le quali: minacce, lesioni, atti di disprezzo e umiliazione, ingiurie e privazioni nei confronti della vittima.

Queste condotte causano ferite profonde nel contesto dei rapporti familiari.

La definizione di maltrattamenti si estende alle situazioni in cui tali condotte dannose si riversano su figli, genitori, coniugi o altri familiari che convivono sotto lo stesso tetto.

Tuttavia, il requisito della convivenza non è insuperabile, a patto che si possa dimostrare un legame di fiducia reciproca tra reo e parte lesa. Legame e fiducia, quindi, sono aspetti importanti per la configurazione di tale reato.

L’aspetto abituale dei maltrattamenti conferisce un’ulteriore livello di gravità.
La giurisprudenza, in particolare la Corte di Cassazione, ha precisato che la durata prolungata non è l’unico criterio per stabilire la natura abituale dei maltrattamenti. La ripetizione di tali azioni, anche in periodi temporali circoscritti, costituisce un aspetto centrale nell’accertamento della reiterazione.

Tuttavia, prosegue la Corte, due soli episodi non vengono considerati sufficienti per integrare il reato poiché in tal caso non sussisterebbe la caratteristica dell’abitualità che la norma richiede (Cass. n. 35997/2020).

Inoltre, è fondamentale sottolineare come il legislatore riconosca maggiore vulnerabilità ad alcune categorie di persone vittime o spettatori di condotte qualificabili come maltrattamenti in famiglia ovvero i minori, le donne in gravidanza o individui con disabilità.
La pena prevista per i maltrattamenti in famiglia sarà, quindi, aumentata se la condotta dannosa è commessa in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità.

La pena sarà ulteriormente aumentata se dal fatto deriva una lesione personale o la morte della vittima.

Infine, il minore di diciotto anni che assiste ai maltrattamenti viene considerato persona offesa dal reato. La legge, infatti, riconosce il loro status di vittime indirette del reato, sottolineando la portata distruttiva che tali azioni possono avere sulla formazione delle giovani menti e sul loro benessere psicologico.

Cosa è il reato di maltrattamenti in famiglia – Torna all’indice ^

Per capire come si configura il reato di maltrattamenti in famiglia dobbiamo soffermarci sull’art. 572 del codice penale che lo disciplina.

L’obiettivo del legislatore è punire chi pone in essere condotte dannose nei confronti di un familiare, convivente o individuo investito di un’autorità, sia essa legata a dinamiche lavorative o status sociale.

Questa norma non si limita solamente alla tutela dei membri di un nucleo familiare, ma estende la sua protezione a qualsiasi individuo che, in un rapporto personale continuativo e abituale, subisca maltrattamenti.

Chiunque viola l’art. 572 del codice penale è passibile di reclusione, con la durata della pena variabile a seconda della specifica circostanza.

Si distinguerà, quindi, tra reato di maltrattamenti semplice, ai sensi del primo comma, o delle diverse ipotesi delineate nei successivi secondo e terzo comma

Un aspetto centrale da considerare è che questo reato è perseguibile d’ufficio e si basa sull’elemento psicologico del dolo, cioè l’intenzione consapevole di commettere il maltrattamento.

La normativa si concentra sull’abitualità dell’azione piuttosto che sulla sua durata costante.

Per quanto concerne il reo e le persone offese, è cruciale distinguere i casi in cui è richiesto un legame qualificato e nei casi in cui vi siano casi di convivenza.

Nel secondo scenario, la legge stabilisce che chiunque commetta maltrattamenti nei confronti di un convivente sarà punito secondo quanto previsto dalla norma.

La portata di questa disposizione è ampia, non richiedendo altro se non la condivisione di spazi comuni tra il reo e la vittima. In questo contesto, chiunque, indipendentemente dal tipo di legame personale, può essere ritenuto responsabile di questo reato.

Tuttavia, la questione si complica quando si affrontano i casi in cui la legge richiede un legame qualificato. Questi rapporti speciali possono essere distinti in tre categorie principali:

  1. Rapporti Familiari: La norma si applica a maltrattamenti all’interno di legami di parentela, tutelando i membri della famiglia dalla violenza.
  2. Esercizio di Autorità: Questa categoria coinvolge l’autorità esercitata, ad esempio, in un rapporto lavorativo. È un richiamo alla responsabilità nel trattare con dipendenti o sottoposti.
  3. Affidamento per Ragioni Specifiche: La legge comprende i rapporti in cui una persona è affidata per ragioni di istruzione, cura, educazione, vigilanza o custodia. Questo può abbracciare contesti come l’ambiente scolastico, tra insegnanti e studenti.

pena per i maltrattamenti in famiglia

La pena per i maltrattamenti in famiglia – Torna all’indice ^

La pena prevista per il reato di maltrattamenti in famiglia consiste nella reclusione da tra a sette anni, in base a quanto stabilito dall’art. 572 del codice penale.

Va sottolineato che la gravità della pena può aumentare in presenza di determinate circostanze, descritte dettagliatamente nei commi 2 e 4 dell’articolo stesso.

Il comma 4 costituisce una rilevante aggravante alla pena di base nel caso in cui i maltrattamenti abbiano conseguenze fisiche significative sulla vittima.

In particolare, sono presi in considerazione i seguenti aspetti:

  • Nel caso di lesioni gravi, ossia quando i maltrattamenti causano una malattia (inclusa quella di natura psichica, con accertamento medico) che minacci la vita della vittima, comporti un’incapacità di svolgere le normali attività per più di 40 giorni, oppure causi un indebolimento permanente di un senso o di un organo, si applica una pena di reclusione da quattro a nove anni.
  • Nelle situazioni di lesioni gravissime, quando i maltrattamenti portino a una malattia irreversibile (ad esempio, la perdita di un senso, di un arto, di un organo, della capacità di procreare, o causino deformità o sfregi permanenti al volto), la pena prevista va da sette a quindici anni di reclusione.
  • Nel tragico evento della morte della vittima a causa dei maltrattamenti, la pena impostata varia da dodici a ventiquattro anni di reclusione.

Una questione cruciale affrontata dalla giurisprudenza riguarda l’attribuzione di responsabilità oggettiva all’autore dei maltrattamenti per gli effetti aggiuntivi.

La “derivazione” di tali conseguenze, come indicato nel terzo comma dell’art. 572 del Codice Penale, si collega ai principi delineati nell’art. 41 del medesimo codice, richiamando le regole che disciplinano l’imputazione oggettiva degli eventi causati da un autore di reato.

Questa interpretazione è stata ribadita dalla Corte di Cassazione, Sez. VI, Sentenza del 16/05/2019, n. 4121.

Si noti che, qualora le lesioni o la morte della vittima siano il risultato diretto e voluto dall’aggressore, si configurano come reati autonomi separati dalla fattispecie prevista nell’articolo 572 del Codice Penale.

Questo è anche applicabile all’ipotesi in cui il suicidio della vittima venga provocato come conseguenza delle continue sofferenze psico-fisiche inflitte abitualmente e non abbia cause autonome e successive.

In tali situazioni, emerge una nuova prospettiva legale, come precisato dalla Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. VI, del 23/11/2021, n. 8097.

La recente Giurisprudenza sui Maltrattamenti in Famiglia – Torna all’indice ^

La Cassazione ha recentemente emesso alcune sentenze che fanno luce su aspetti critici e sfaccettati di questa materia delicata.
Attraverso un’analisi delle decisioni emesse, possiamo acquisire preziosi dettagli su come i tribunali stiano affrontando la questione dei maltrattamenti in famiglia.

Aggravanti nella Normativa Penale: Il Ruolo dei Minori

Una delle tematiche centrali affrontate dalla Cassazione riguarda l’incostituzionalità dell’aggravante che prevede un aumento di pena nei reati di maltrattamenti in famiglia quando commessi “in presenza” o “in danno” di un minore.

La Cassazione ha respinto l’individuazione di profili di incostituzionalità in questa norma, affermando che, a livello giuridico, non è considerato un fattore rilevante se il minore sia presente durante l’atto violento o ne è direttamente vittima.

Soggetti Deboli e Giudizio di Gravità

Un punto interessante emerso dalle sentenze è l’inserimento dei figli minori nella categoria dei soggetti deboli. La Cassazione ha stabilito che sia la condotta posta in essere nei confronti di un minore che la presenza stessa di un minore al momento del reato devono essere considerati alla stessa stregua, valutando entrambi come gravi.

Questa presa di posizione rafforza l’intenzione di tutelare i diritti dei minori e la loro condizione di vulnerabilità all’interno del contesto familiare. (Cassazione penale sez. III, 27/04/2022, n.21024)

Maltrattamenti in famiglia: Assenza dell’abitualità della condotta

Un’altra questione di rilievo è l’assenza di abitualità della condotta. La Cassazione ha sottolineato che fatti episodici, anche se lesivi dei diritti fondamentali della persona, non costituiscono necessariamente il delitto di maltrattamenti in famiglia.

Questi episodi, derivanti da situazioni contingenti e particolari, possono essere considerati come reati contro la persona indipendenti. Ciò è emerso in una specifica sentenza in cui è stata annullata un’ordinanza cautelare nei confronti di un individuo poiché la natura episodica dei fatti aggressivi non poteva configurare il reato di maltrattamenti.

(Cassazione penale sez. VI, 20/04/2022, n.21646) 

Si dovrà, quindi, valutare e analizzare caso per caso per capire se comportamenti abituali dannosi nei confronti di un soggetto configurino o meno il reato di maltrattamenti in famiglia in caso di rapporto assimilabile alla convivenza e di fiducia tra reo e vittima.

La configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia

Un altro aspetto analizzato dalla Cassazione riguarda la presenza di relazioni abituali nel contesto dei reati di maltrattamenti in famiglia. I Giudici hanno stabilito che l’esistenza di relazioni stabili tra reo e quello vittima è cruciale.

La convivenza materiale è solo una parte esteriore di un legame affettivo più profondo che produce una convivenza psicologica. Quando queste relazioni degenerano in sopraffazioni diventano una precondizione per l’insorgere del reato di maltrattamenti.

La decisione della Cassazione (Cassazione penale sez. III, 30/03/2022, n.18079) ha confermato questa valutazione in una specifica situazione in cui la frequentazione quotidiana e i weekend passati insieme sono stati considerati elementi di stabilità nella relazione.

Infine, sempre nell’ambito della convivenza quale eventuale elemento imprescindibile tra reo e vittima, la Corte di Cassazione ha stabilito che il reato di maltrattamenti in famiglia può essere ravvisato in tutti i casi in cui, nonostante l’interruzione della convivenza, residuino rapporti di stabile frequentazione e di solidarietà soprattutto allorché dovuti alle comuni esigenze di accudimento e di educazione dei figli (Cass. n. 30129/2021).

Il caso di specie riguardava due ex conviventi che avevano mantenuto un rapporto stabile e continuativo per salvaguardare i figli.

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