– Conseguenze delle misure restrittive assunte dal Governo a partire dall’11 marzo 2020

Affitti dei locali ad uso commerciale: conseguenze del Covid 19

Le misure restrittive assunte dal Governo a partire dall’11 marzo 2020 fino ad arrivare all’attuale Fase 3 hanno ed avranno un impatto enorme sull’economia italiana. Si stima una riduzione del PIL tra il 9 ed il 13% per il 2020. In particolare, sono e saranno notevoli le conseguenze del Covid 19 sugli affitti dei locali ad uso commerciale e d’azienda.

Locatori e conduttori si trovano a dover affrontare una situazione complessa, considerando le circostanze eccezionali.

Gli affittuari, a causa delle restrizioni, non possono fruire dei locali ma devono corrispondere il canone.

I locatori devono pagare le imposte anche in caso di morosità dell’affittuario: potranno, oltretutto, ottenere l’esecuzione dello sfratto solo da gennaio 2021 come previsto dal Decreto Rilancio.

La questione è talmente delicata, urgente e rilevante che, di recente, è intervenuto l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, che attraverso una relazione ha indicato possibili criteri da seguire per ripristinare un equilibrio nei contratti a seguito dell’effetto Covid 19.

Sono state emesse pronunce e ordinanze da diversi Tribunali italiani con le prime applicazioni giurisprudenziali.

Affitti dei locali ad uso commerciale in tempi di Covid: revisione, scioglimento o rinegoziazione del contratto?

I primi precedenti giurisprudenziali emessi di recente hanno, da una parte, confermato la continuità dei contratti di locazione; dall’altra, hanno indicato soluzioni favorevoli anche per il conduttore/affittuario.

Tali provvedimenti non tengono conto, però, né del credito d’imposta a favore dei conduttori/affittuari previsto dalla normativa emergenziale né dei problemi che si trova a dover affrontare il locatore/proprietario dell’azienda che conta sul pagamento dei canoni d’affitto per adempiere ai suoi impegni, oltre ad ammortizzare gli investimenti, col rischio di rendersi inadempiente a sua volta verso i creditori.

Il locatore non è, di certo, tenuto a partecipare ai rischi d’impresa: il legislatore e l’orientamento giurisprudenziale dovranno impegnarsi a disciplinare, nel rapporto contrattuale, le conseguenze della sopravvenuta inidoneità dell’immobile all’uso convenuto a causa dell’emergenza Covid 19.

Bisognerà valutare, di volta in volta e per ogni singolo caso, l’impatto dell’emergenza Coronavirus sull’attività svolta nell’immobile locato per stabilire se sia il caso di sospendere/ridurre il canone di affitto, di revisionare o sciogliere il contratto di locazione.

Nella relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione viene indicata come soluzione auspicabile la rinegoziazione del contratto con il raggiungimento di un accordo tra le parti.

Locatore e conduttore, di comune accordo, possono rinegoziare il contratto rimodulando al ribasso l’importo del canone per tutta la durata dell’emergenza Covid-19.

Tale modifica prevede un accordo scritto che riporti la riduzione dell’affitto: seppure registrato all’Agenzia delle Entrate, non prevede il pagamento dell’imposta di registro.

Normativa emergenziale in merito ai contratti di locazione

L’art. 1467 del Codice civile stabilisce che, in caso di ‘eccessiva onerosità sopravvenuta’ per eventi imprevedibili o straordinari (come la pandemia Covid), si possa richiedere la risoluzione del contratto. Tale norma, però, non aiuta di certo i commercianti in difficoltà che non intendono risolvere il contratto, bensì salvare la loro attività puntando su una diminuzione del canone di affitto.

In caso di ‘impossibilità parziale’ (art. 1464 c.c.), il debitore ha diritto ad una riduzione della sua prestazione. In base agli artt. 1584 e 1578 c.c., il conduttore ha diritto ad una riduzione del canone a determinate condizioni.

Non è chiaro come e fino a che punto sia applicato in termini giurisprudenziali il ‘recesso per gravi motivi’ (art. 27 c. 8 L. 392/1978), norma rilevante considerando la situazione straordinaria legata all’emergenza Covid.

Affitti dei locali ad uso commerciale: pronunce e ordinanze dei Tribunali

La legge 70/2020 (di conversione del DL 30 aprile 2020) ha introdotto una nuova ipotesi di mediazione ‘obbligatoria’ per contenziosi derivanti da inadempimenti delle misure di contenimento del contagio da Covid 19. In tale contesto, i giudici avranno un ruolo importante anche in sede processuale per contenziosi riferiti agli affitti dei locali ad uso commerciale.

Le pronunce più recenti hanno fatto riferimento all’obbligo di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.).

Di recente, il Tribunale di Roma (ordinanza 29683/2020), ha confermato un “obbligo delle parti” di contrattare per raggiungere un nuovo accordo allo scopo di riequilibrare il contratto entro i limiti dell’alea normale del contratto stesso.

Bisogna anche ricordare il “dovere di solidarietà” stabilito dalla Carta Costituzionale (art. 2 Cost.).
Per il periodo di lockdown, il Tribunale di Pordenone ha invitato le parti a concordare stragiudizialmente una riduzione del canone, mentre il Tribunale di Milano ha ritenuto di ridurre il canone del 40%.

Il Tribunale di Venezia, con l’ordinanza del 30 settembre (depositata il 2 ottobre 2020), non ha convalidato lo sfratto per morosità intimato per il mancato pagamento dei canoni da dicembre 2019 a maggio 2020.

Le misure restrittive dovute all’emergenza da Coronavirus, secondo il Tribunale di Venezia, giustificano la diminuzione del canone per impossibilità parziale da parte dell’affittuario di pagare il locatore.

In linea generale, viene rigettata assolutamente l’automatica sospensione e/o cancellazione dell’obbligo di versamento dei canoni di affitto. Si punta, piuttosto, ad un’adeguata riduzione del canone

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